Già in vari momenti d’incontro abbiamo messo in campo alcune riflessioni su una nuova idea di intermediazione commerciale. Oggi, nel tentativo di riassumere quei momenti, potremmo iniziare da un punto di domanda: è corretto parlare di “nuova intermediazione” anche secondo la formula, ormai fin troppo usata, del “2.0”? la risposta che ci sentiamo di proporre è: assolutamente no. Perché se fosse affermativa introdurrebbe un principio di cesura tra un prima e un dopo. E, invece, nell’intermediazione commerciale, vi è, costantemente, un progressivo mutare di fattori interni, ma mai nette fratture. Purtroppo, però, tra lo stato di fatto delle imprese, le loro diverse modalità di essere e di operare, le peculiarità con cui svolgono il loro ruolo commerciale, la lontanissima parentela di molte di loro con la tradizionale figura dell’”agente produttore di ordini” se non la pura assenza di tale attività e le norme, le regole esistenti, ma, anche, la diffusa percezione del settore da parte di una quota della rappresentanza, esiste, qui veramente, una vera frattura.
Il mondo dell’intermediazione commerciale è, per sua natura, “aperto” e in costante cambiamento e, quindi, ideale contenitore delle molteplici forme di attività comunque allo stesso riconducibili. In tal senso tutte le attività che si collocano nella filiera produzione – distribuzione risultano perfettamente pertinenti con questo asset commerciale perché coerenti con il suo principio del nuovo e del cambiamento.
Non solo. E’ un mondo determinato dalla somma di tanti “mondi”, di tanti modi di operare, mix di processi a cavallo tra consulenza, logistica, vendita/post vendita, ma in cui si manifesta la stessa necessità di conoscenza, aggiornamento, professionalità quali asset essenziali dell’essere protagonisti nel mercato di riferimento.
Si tratta, adesso, di tradurre lo stato di fatto delle cose nella definizione dei nuovi “confini” di ciò che, complessivamente e in tante forme, realizza un risultato intermediando.
I “nuovi confini” hanno a disposizione un “tracciatore” ideale: il contratto di agenzia di cui agli articoli 1742 e successivi del Codice Civile. Si tratta di uno strumento straordinario, capace di stabilire certezze e principi chiari. Questo è un altro asset che consente di offrire regole a chi, in molti casi, regole non ne ha, favorendo, in tal modo, un processo di equilibrata contrattazione tra le parti. Si tratta, insomma, di fornire un quadro di riferimento ad ampi settori di lavoro autonomo riconducibili all’attività di intermediazione, ma anche a nuove professioni che, ovviamente, necessitano di un loro certo inquadramento.
Altra grande opportunità è fornita dagli Accordi Economici Collettivi.
Qui occorrerà percorrere un doppio sentiero: da un lato agire sul contingente e, quindi, approvare, entro un arco di tempo plausibile, il testo definitivo del settore Commercio e, contestualmente, aprire il confronto su quello del settore Industria; dall’altro iniziare un complesso lavoro di confronto e di analisi con i nuovi settori a cui aprire l’opportunità degli AEC, ma, insieme, recuperare all’interno degli Accordi il ruolo paritetico dell’agente con l’azienda preponente.
Il principio della “pariteticità” e della “reciprocità” è, dunque, alla base del progetto di sviluppo secondo il principio di “soggetti partner” dello stesso processo produttivo.
A cura di Sauro Spignoli